Troppe medicine somministrate ai bambini. E’ il grido di allarme lanciato dai pediatri della SIP (Società italiana di pediatria) riuniti a congresso a Roma. In particolare l’accusa va agli antibiotici, usati per curare malattie che spesso non ne richiederebbero l’impiego, come raffreddori e influenze.
Terapie somministrate a «sproposito» renderebbero inoltre i batteri più resistenti. I dati parlano di un bimbo su due (il 58%) che durante l’anno ha assunto almeno un farmaco, con differenze tra Nord (46%) e Sud (76%). A essere sottoposti a terapie farmacologiche sono soprattutto i maschi sotto l’anno di età (69% contro il 65% delle femmine), mentre in media ad ogni bambino si prescrivono mediamente 2,7 confezioni di medicine (senza contare i farmaci da automedicazione).
Secondo il rapporto, realizzato dal Cineca (Consorzio interuniversitario Bologna), il 96% delle prescrizioni si concentra appunto sugli antibiotici (48%), seguiti dagli antiasmatici (26%), in aumento per l’aumento delle malattie respiratorie e allergiche, e corticosteroidi (8,6%) con un picco nel primo anno di età, dove quasi 7 bebè su dieci sono stati trattati con antibiotici (66,2%) e più di 4 su 10 con antiasmatici (42,2%).
C’è però una buona notizia per le famiglie: è calata la spesa medica relativa ai più piccoli (36 euro contro i 39 euro di media l’anno di 13 anni fa), visto il progressivo diffondersi dei farmaci equivalenti, i cosiddetti generici, che rappresentano ormai il 42% della spesa totale, con punte massime per gli antibiotici (77%).
A cura di Silveria Conte
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